La Valenza Formativa degli Scacchi

Il gioco degli scacchi permette ai bambini di sperimentare nuove strategie di apprendimento e gettare le basi di quelle che saranno le strutture del pensiero logico-deduttivo. Parallelamente al progredire delle capacità di gioco vi è un incremento delle abilità di risolvere problemi logico-matematici e di organizzare l’espressione scritta e orale.

Nel corso di una partita i giocatori devono continuamente trovare risposta a due domande: cosa fare e come farlo. La risposta alla prima domanda è data dalla strategia scacchistica, la risposta alla seconda dalla tattica. Se nell’arte bellica si assegna il ruolo principale alla strategia ed un ruolo subordinato alla tattica, la scacchiera è un metaforico campo di battaglia molto speciale, dove qualcosa cambia: la tattica, per quanto subordinata alla strategia, ha un ruolo di rilievo assoluto negli scacchi. «Gli scacchi sono al 99% tattica», afferma Tichard Tiechmann in un noto aforisma. Anche con un buon piano strategico in mente, un errore tattico può irrimediabilmente rovinarlo. Come dice il Grande Maestro russo Averbach: «per vincere una partita possono essere necessarie quaranta o più mosse, ma per perderla basta a volte sbagliarne una sola».

L’apprendimento della tecnica di gioco concorre alla formazione globale del ragazzo, facilitando la crescita delle facoltà logiche. Gli scacchi stimolano le capacità mentali dell’attenzione, immaginazione, memorizzazione, del pensiero analitico, nonché la creatività e la consapevolezza del giusto rapporto causa-effetto. Gli scacchi sono un gioco antico che “serve” per crescere, la cui promozione nella scuola assume una doppia valenza: didattico-educativa e ludico-sportiva. Valenza che nell’ultimo ventennio del Novecento la ricerca psicologica ha messo in luce evidenziando gli stretti legami tra gioco degli scacchi e crescita del bambino e ponendo in risalto le qualità e le funzioni educative di tale sport. In particolare, recenti studi hanno mostrato la positiva influenza che la pratica degli scacchi può avere sullo sviluppo cognitivo e affettivo dei bambini.
A. Costa, in un articolo del 1969, riferendosi alla psicologia genetica e alle pubblicazioni di Piaget e di Inhelder, osserva come: «la pratica del gioco degli scacchi, comportando il confronto dei propri modelli di sviluppo con i possibili modelli di altri, rappresenta un grado di reversibilità del pensiero, con tutte le conseguenze formative che ne derivano e si qualifica come esercizio altamente logico-formale, sia pure in relazione ai diversi livelli di assimilazione della condotta della partita».
In una ricerca di Krogius si legge: «la maniera con la quale il giocatore affronta sconfitte e successi è ciò che determina gli esatti confini della sua crescita sportiva e creativa. Lo studio dell’atteggiamento dei giocatori, rispetto agli errori commessi, ha mostrato come tutti, indipendentemente dal livello di abilità raggiunto, abbiano lavorato comunque, e per lo più con successo, ad evitare in futuro gli errori precedenti».

La scacchiera costituisce un eccellente campo per far puntualmente affrontare ai bambini attività di risoluzione di problemi e di costruzione di piani d’azione, tradizionali temi di interesse della scienza cognitiva. Nella pianificazione si assume che si sappiano più o meno già risolvere i problemi che si presentano e le difficoltà consistono soprattutto nello strutturare piani d’azione efficaci: come dice Bruno Bara, «è un po’ come assemblare un puzzle con tutti i pezzi a disposizione». Nella pianificazione del giocatore c’è una dimensione attiva, che è la costruzione di un proprio progetto, ma anche l’altra dimensione, quella della comprensione del piano dell’avversario.
Gli scacchi offrono situazioni di problem solving a sequela pressoché ininterrotta, sul modello del processo di risoluzione in sei fai proposto dal famoso pedagogo John Dewey:

1. Individuare il problema;
2. Proporre le possibili soluzioni;
3. Valutare le varie soluzioni;
4. Individuare la soluzione migliore;
5. Stabilire in che modo attuare la soluzione prescelta;
6. Verificare la soluzione prescelta e controllare il risultato.

Il gioco degli scacchi può anche essere pensato come uno strumento per la riabilitazione di bambini con difficoltà di apprendimento. Come e più di altri giochi, costituisce una buona occasione per l’esercizio di funzioni esecutive. Richiede, infatti, il saper mantenere un’attenzione che sia sostenuta nel tempo e poi anche selettiva, perché c’è da concentrarsi, cercando di inibire altri stimoli, non solo le azioni, ma anche altre percezioni, le emozioni, persino altri pensieri. C’è pure da mettere in azione la memoria di lavoro, perché bisogna sempre stabilire che cosa ritenere, in una mediazione tra quello che accade fuori e quello che succede dentro: è una sorta di “coscienza” operante. Insomma, dai pilastri percettivi ed attentivi di analisi del contesto e dell’evento come da quello di memoria autobiografica per esperienze già fatte (con relative emozioni), si costruisce quella aspettativa che c’è poi dietro ogni decisione: la capacità di decidere è la proprietà fondante del nostro sistema nervoso. Ma il processo decisionale, in questo caso, è anche condizionato da ciò che ha deciso l’altro. La nostra condotta può subire un cambiamento se riusciamo a pensare sulla decisione dell’altro; bisogna saper controllare l’interferenza con buona flessibilità cognitiva e proporre un cambio di strategia (set-shifting).

  TORNA AL MENU